Il vincitore del Premio Strega 2019 è stato definito un ibrido tra romanzo e saggio. Come precisato dall’autore, “Ogni singolo accadimento, personaggio, dialogo o discorso qui narrato è storicamente documentato e/o autorevolmente testimoniato da più di una fonte”.
Le 850 pagine procedono velocemente, grazie a una scrittura fluida e scorrevole. Appare decisamente riuscita la scelta di fondare la narrazione su un artificio utilissimo all’immedesimazione del lettore come il discorso indiretto libero, grazie al quale il narratore parla dal punto di vista del personaggio che sta raccontando, in terza persona, senza virgolette; come del resto quella di alternare le parti romanzate con veri stralci di cronaca, dichiarazioni dei protagonisti, articoli di giornale, lettere private.
Il focus centrato su alcuni singoli personaggi e sulla loro evoluzione nel tempo ci accompagna lungo lo scorrere dei mesi e degli eventi storici; emergono in particolare le figure del parlamentare socialista Giacomo Matteotti, di Amerigo Dumini (reduce della Grande Guerra, squadrista toscano e assassino, con altri quattro, dello stesso Matteotti), del capo degli squadristi emiliani Leandro Arpinati, del “Cristo degli operai” Nicola Bombacci, del giovane ghignante gerarca Cesare Balbo, dell’arcano (e, spesso, delirante) poeta-combattente Gabriele D’Annunzio; e naturalmente, sopra tutti, di Benito Mussolini.
Cinque anni descritti su carta procedono comprensibilmente in modo più rapido di cinque anni nella realtà; ma questo romanzo, con la sua profondità e il suo respiro lento, si avvicina davvero al tempo della vita, al punto di ripercorrere anche singoli giorni nella loro interezza e ad approfondire con precisione chirurgica il periodo storico, restituendo un’immagine chiarissima della società e della politica. Ed è proprio questo iato necessariamente riassuntivo, questa realtà leggermente accelerata, a mostrare in modo ancora più evidente, e talvolta raggelante, l’inesorabile precipitare degli eventi.
È certamente impossibile far combaciare il fascismo di allora con gli ipotetici nuovi fascismi di oggi (Scurati ha parlato del tentativo di “rifondare l’antifascismo su nuove basi” come di una delle missioni del suo libro, forse perché consapevole lui per primo che proprio i nuovi fascismi sono in grado di dotarsi, volta per volta, di nuove basi); tuttavia, allo stesso tempo, è scioccante la quantità di similitudini tra certe modalità politico-comunicative di cento anni fa e di oggi; una continuità che ha poco a che fare col caso, e che invece rivela, nella reiterazione degli schemi fissi, i tratti di un sistema; in particolare, del sistema cui Umberto Eco ha dato il nome di Ur-Fascismo, o Fascismo eterno.
Non fosse basata sulla comparazione storiografica, sulla profondità degli studi sociologici e in definitiva sull’esattezza di un approccio scientifico, la teoria di Eco potrebbe essere scambiata per preveggenza. Dove “M-il figlio del secolo” ci porta dentro il fascismo ripercorrendo gli eventi e i personaggi di un determinato periodo (dunque: particolare) con l’espediente della narrazione ibridata di un “romanzo reale”, l’analisi di Eco sui tratti distintivi di ogni tipo di fascismo rappresenta un prontuario perfetto per identificare analogie ed elementi ricorrenti anche al cambiare delle epoche storiche, dei contesti, dei luoghi (dunque: universale).
Questo è l’esperimento che qui si propone:
– mescolare l’universale di Eco con il particolare di Scurati e con il nostro presente (tratti ricorrenti o “eterni” + esame dettagliato degli anni 1919-1924 + raffronto libero con gli anni in cui viviamo + 5 cubetti di ghiaccio italiano);
– far parlare Eco, Scurati, e la storia con loro;
– cercare una sintesi (o, nella migliore delle ipotesi, un vaccino) a partire dal fuoco incrociato di queste voci.
“[…] Il termine “fascismo” si adatta a tutto perché è possibile eliminare da un regime fascista uno o più aspetti, e lo si potrà sempre riconoscere per fascista. Togliete al fascismo l’imperialismo e avrete Franco o Salazar; togliete il colonialismo e avrete il fascismo balcanico. Aggiungete al fascismo italiano un anticapitalismo radicale (che non affascinò mai Mussolini) e avrete Ezra Pound. Aggiungete il culto della mitologia celtica e il misticismo del Graal (completamente estraneo al fascismo ufficiale) e avrete uno dei più rispettati guru fascisti, Julius Evola. A dispetto di questa confusione, ritengo sia possibile indicare una lista di caratteristiche tipiche di quello che vorrei chiamare l’ “Ur-Fascismo“, o il “fascismo eterno“
Umberto Eco – Il Fascismo Eterno
Tali caratteristiche non possono venire irreggimentate in un sistema; molte si contraddicono reciprocamente, e sono tipiche di altre forme di dispotismo o di fanatismo. Ma è sufficiente che una di loro sia presente per far coagulare una nebulosa fascista:
#1 Culto della tradizione
#2 Rifiuto del modernismo.
“(…) Nel 1920 il rifiuto del mondo moderno riguardava principalmente il rigetto dello spirito del 1789. L’illuminismo, l’età della Ragione visti come l’inizio della depravazione moderna. In questo senso, l’Ur-Fascismo può venire definito come “irrazionalismo” ”.
#3 Irrazionalismo
“…dipende anche dal culto dell’azione per l’azione. L’azione è bella di per sé, e dunque deve essere attuata prima di e senza una qualunque riflessione. (…) La cultura è sospetta nella misura in cui viene identificata con atteggiamenti critici. Dalla dichiarazione attribuita a Goebbels (“Quando sento parlare di cultura, estraggo la mia pistola“) all’uso frequente di espressioni quali “Porci intellettuali“, “Teste d’uovo“, “Snob radicali“, “Le università sono un covo di comunisti“, il sospetto verso il mondo intellettuale è sempre stato un sintomo di Ur-Fascismo”
#4 Avversione allo spirito critico
“Lo spirito critico opera distinzioni, e distinguere è un segno di modernità. Nella cultura moderna, la comunità scientifica intende il disaccordo come strumento di avanzamento delle conoscenze. Per l’Ur-Fascismo, il disaccordo è tradimento”.
#5 Paura della differenza
“Il disaccordo è inoltre un segno di diversità. L’Ur-Fascismo cresce e cerca il consenso sfruttando ed esacerbando la naturale paura della differenza. Il primo appello di un movimento fascista o prematuramente fascista è contro gli intrusi. L’Ur-Fascismo è dunque razzista per definizione”
#6 Appello alle classi medie frustrate
“L’Ur-Fascismo scaturisce dalla frustrazione individuale o sociale. Il che spiega perché una delle caratteristiche tipiche dei fascismi storici è stato l’appello alle classi medie frustrate, a disagio per qualche crisi economica o umiliazione politica, spaventate dalla pressione dei gruppi sociali subalterni. Nel nostro tempo, in cui i vecchi “proletari” stanno diventando piccola borghesia, il fascismo troverà in questa nuova maggioranza il suo uditorio”.
#7 Nazionalismo
“A coloro che sono privi di una qualunque identità sociale, l’Ur-Fascismo dice che il loro unico privilegio è il più comune di tutti, quello di essere nati nello stesso paese. E questa l’origine del “nazionalismo“: inoltre, gli unici che possono fornire una identità alla nazione sono i nemici. Così, alla radice della psicologia Ur-Fascista vi è l’ossessione del complotto, possibilmente internazionale. I seguaci debbono sentirsi assediati.
#8 I seguaci debbono sentirsi umiliati
“I seguaci debbono sentirsi umiliati dalla ricchezza ostentata e dalla forza dei nemici”.
#9 Vita per la lotta
“Per l’Ur-Fascismo non c’è lotta per la vita, ma piuttosto “vita per la lotta“; (…) il pacifismo è cattivo perché la vita è una guerra permanente. Questo tuttavia porta con sé un complesso di Armageddon: dal momento che i nemici debbono e possono essere sconfitti, ci dovrà essere una battaglia finale, a seguito della quale il movimento avrà il controllo del mondo. Una simile soluzione finale implica una successiva era di pace, un’età dell’Oro che contraddice il principio della guerra permanente. Nessun leader fascista è mai riuscito a risolvere questa contraddizione”
#10 Elitismo popolare
“Ogni cittadino appartiene al popolo migliore del mondo, i membri del partito sono i cittadini migliori, ogni cittadino può (o dovrebbe) diventare un membro del partito. Ma non possono esserci patrizi senza plebei. Il leader (…) sa che la sua forza si basa sulla debolezza delle masse, così deboli da aver bisogno e da meritare un “dominatore”.
#11 Mitologia dell’ “eroe”
e culto della morte.
#12 Machismo
“Dal momento che sia la guerra permanente sia l’eroismo sono giochi difficili da giocare, l’UrFascista trasferisce la sua volontà di potenza su questioni sessuali. È questa l’origine del machismo (che implica disdegno per le donne e una condanna intollerante per abitudini sessuali non conformiste, dalla castità all’omosessualità). Dal momento che anche il sesso è un gioco difficile da giocare, l’eroe UrFascista gioca con le armi”.
#13 “il “popolo” concepito come una qualità
“il “popolo” concepito come una qualità, un’entità monolitica che esprime la “volontà comune“. Dal momento che nessuna quantità di esseri umani può possedere una volontà comune, il leader pretende di essere il loro interprete.
Nel nostro futuro si profila un populismo qualitativo Tv o Internet, in cui la risposta emotiva di un gruppo selezionato di cittadini può venire presentata e accettata come la “voce del popolo”. A ragione del suo populismo qualitativo, l’Ur-Fascismo deve opporsi ai “putridi” governi parlamentari. Ogni qual volta un politico getta dubbi sulla legittimità del parlamento perché non rappresenta più la “voce del popolo“, possiamo sentire l’odore di Ur-Fascismo”.
#14 La neolingua
“L’Ur-Fascismo parla la “neolingua”. La “neolingua” venne inventata da Orwell in “1984“, come la lingua ufficiale dell’Ingsoc, il Socialismo Inglese, ma elementi di Ur-Fascismo sono comuni a forme diverse di dittatura. Tutti i testi scolastici nazisti o fascisti si basavano su un lessico povero e su una sintassi elementare, al fine di limitare gli strumenti per il ragionamento complesso e critico. Ma dobbiamo essere pronti a identificare altre forme di neolingua, anche quando prendono la forma innocente di un popolare talk show”.
Adesso ecco alcune caratteristiche fondanti, anch’esse forse senza tempo, e forse a loro volta attuali, che emergono, invece, dalle pagine di M – Il figlio del secolo di Antonio Scurati.
La memoria
– Può succedere che dagli iniziali intenti rivoluzionari si passi in breve tempo alla compromissione con le stesse forze e poteri combattuti a parole in precedenza. Nel 1920, a un anno esatto dalla fondazione dei fasci di combattimento, le facce che popolano il movimento sono già cambiate: spariti i sindacalisti della sinistra interventista, i repubblicani come Nenni, gli aspiranti poeti e drammaturghi; ora si vedono commercianti, impiegati pubblici, piccola borghesia impoverita dall’inflazione. “è avvenuta una trasfusione di sangue”. La stampa, non esattamente inflessibile nei confronti del potere, non aiuta la popolazione a constatare l’assoluta mancanza di coerenza di un movimento, quello fascista, nato antipartito, anticlericale, socialista, rivoluzionario, repubblicano, e diventato nel volgere di una manciata di mesi un partito reazionario, monarchico, dotato di un proprio esercito, legato a doppio filo agli industriali e agli agrari, guardiano della classe dirigente.
La sinistra
– nel 1920 il partito Socialista vince le elezioni nazionali. Eppure bastano pochi mesi perché il clima nel paese cambi completamente. (Emblematica domenica 21 novembre 1920: nel giorno dell’insediamento della giunta comunale socialista, a Bologna fascisti e bolscevichi combattono in strada. Il bilancio è di 10 morti e 50 feriti – quasi tutti socialisti, per mano involontaria di socialisti stessi, in fuga terrorizzati -; il consiglio comunale si dimette subito; il giorno dopo, migliaia di nuovi iscritti ai fasci).
– il 19 gennaio 1921, con il Paese sull’orlo della guerra civile e con violenze squadriste all’ordine del giorno, a Livorno avviene la scissione tra Socialisti riformisti e rivoluzionari: i comunisti di Bordiga se ne vanno e fondano il PCI.
“gli odi di fazione, la schiavitù delle formule, le cecità ideologiche, le questioni formali, la ruota eterna delle rivalità personali, la sordità al frastuono del mondo, alle promesse dell’alba”.
– 1 marzo 1921, Rinaldo Rigola, leader socialista riformista: “Non siamo stati capaci di realizzare niente. Dopo la guerra dei capitalisti, abbiamo fatto anche noi la nostra guerra, ma è una guerra di deboli. Oggi abbiamo la controrivoluzione senza aver fatto la rivoluzione”
– 25 febbraio 1922, Benito Mussolini: “I popoli muovono ansiosi alla ricerca di istituzioni, di idee, di uomini che rappresentino dei punti fermi nella vita, che siano dei porti sicuri… I regimi di sinistra quali furono instaurati in tutta Europa tra il 1848 e il 1900 – a base di suffragio universale e di legislazione sociale – hanno dato quello che potevano… Il secolo della democrazia muore nel 1919-1920… Il processo di restaurazione a destra è già visibile nelle manifestazioni concrete. L’orgia dell’indisciplina è cessata, gli entusiasmi per i miti sociali e democratici finiti. La vita torna all’individuo. Una ripresa classica è in atto”.
– 30 luglio 1922, Palmiro Togliatti: “Turati è andato dal re; il movimento socialista si sfascia; è un cadavere di meno da trascinare dietro per l’avvenire”.
Nei giorni della Marcia su Roma, sono addirittura i bolscevichi russi (sic), in occasione del IV Congresso dell’Internazionale Comunista, a spingere per un fronte unico da opporre al fascismo in Italia, ma Bordiga resiste:
“per lui la democrazia è già il fascismo, la controrivoluzione capitalista ha già vinto, che differenza potrebbe fare se i fascisti andassero al potere? (…) Per quelli come lui, checché ne dica Trockij, democrazia e fascismo sono la stessa cosa”.
Creazione del nemico
17 luglio 1920, i fascisti di Francesco Giunta incendiano l’hotel Balkan, sede dell’organizzazione degli sloveni di Trieste (zona di confine perfetta perché attecchisca il fascismo: operai + bolscevichi + stranieri: slavi).
Il giorno dopo la sede del fascio di Trieste è invasa da gente che chiede la tessera.
Il popolo
“Io, signori, giro tra il popolo e lo ascolto; ebbene, il popolo italiano non mi chiede libertà; l’altro giorno, a Messina, la popolazione che circondava la mia automobile non diceva ‘dateci la libertà’, diceva ‘toglieteci dalle baracche’.”
Benito Mussolini, 15 luglio 1923
Avversione allo spirito critico
Poco prima di essere ammazzato, Matteotti sta lavorando a un documento. Si intitola “Un anno di dominazione fascista”. Cataloga “42 uccisioni, 1112 bastonature, ferimenti e percosse, 184 devastazioni di uffici e domicili, 24 incendi di giornali”.
30 maggio 1924: Matteotti parla alla Camera. Viene deriso, insultato e interrotto continuamente.
Elenca meccanicamente tutti gli episodi di squadrismo. I fascisti negano urlando.
Il parlamentare fascista Farinacci: “va a finire che faremo sul serio quello che non abbiamo fatto!”
10 giugno 1924: Matteotti viene ammazzato.
Vita per la lotta
“Il cuore scende nei calzini”, chiosa Mussolini quando, il 2 agosto 1920, l’Italia si ritira dall’Albania. Per loro entrare in guerra e contare seicentomila morti non è stata una tragedia, è stato un onore, è stato entrare nella Storia dalla porta principale.
Il 28 agosto 1923 una delegazione di ufficiali italiani al confine greco-albanese è uccisa da briganti balcanici. Mussolini, per tutta risposta, occupa l’isola greca di Corfù: è la prima violazione dello statuto Società delle Nazioni dalla fine della Prima Guerra Mondiale.
8 novembre 1921, Benito Mussolini: “L’Impero è il bisogno istintivo di qualsiasi individuo che cerchi di farsi largo nella vita e quando i popoli non sentono più questo aculeo non sono più carne viva”.
Roma
Il primo congresso nazionale fascista si tiene dal 7 al 9 novembre 1921, al teatro Augusteo.
“Per loro Roma è la ripugnante capitale parlamentare di tutti i vizi della nazione, il bersaglio grosso della riscossa fascista, una città porca, fiacca, inerte, smidollata, che percorrono a passo cadenzato fiutando le puzze del marciume, delle lentezze ministeriali, del meridionalismo degenere, delle corruttele universali, squadrati dall’eterna plebe capitolina dall’alto in basso”.
Trasformismo
Cesare Rossi, uomo a cui Mussolini affida la svolta: sindacalista rivoluzionario che prima della Grande Guerra incendiava i fienili nel Piacentino; ora rivolge lo stesso odio ai contadini che allora incitava alla rivolta (“siamo brutalmente e risolutamente conservatori e reazionari”) e ripete che questo sarà il miracoloso baratto tra il fascismo e la gente: odio in cambio di paura.
Emarginati
Giacomo Matteotti emarginato, isolato e infine ammazzato, come alcuni tra i più nobili personaggi della storia italiana del 1900. Ora il gioco – mi rendo conto, magari improprio per un venerdi sera al pub con gli amici – potrebbe essere: Ci sono elementi di Ur-Fascismo nella mafia che uccide Dalla Chiesa, Falcone, Borsellino? O nelle Brigate Rosse contro cui combattè lo stesso Dalla Chiesa? O nell’intrico di P2, servizi deviati e politica collusa che decretò la morte di Ambrosoli?
Normalizzazione pop
Roma, gennaio 1923: “accade sempre così, oramai, ovunque vada: non appena viene riconosciuto, il suo corpo che attraversa lo spazio attrae la gente con la forza di un impulso sessuale. Se solo Mussolini prova a percorrere a piedi il tratto fra l’ufficio e il Grand Hotel, già in piazza Colonna la gente lo riconosce, lo assedia, lo vuole toccare, adorante, esaltata, in orgasmo per questo politico nuovo che viene dalla strada, dalla folla, (…) questo figlio del fabbro che spazzerà via i vecchi politicanti ignoti alle masse, perduti nell’occulto dei loro intrighi e manovre di palazzo”.
Il grottesco
– il vecchio Giolitti (“un patriarca intagliato nel mogano”) ancora in villeggiatura il 26 ottobre 1922, due giorni prima della Marcia su Roma.
– il Presidente del Consiglio Facta che il 27 ottobre 1922 si corica alle 22, come ogni sera della sua vita, e mentre dorme, la Marcia su Roma va ad incominciare.
– le “legioni” che “marciano” su Roma, dopo due giorni sono ferme, senza cibo, né acqua, né ordini; dai vertici del partito viene intimato loro “di non rubare polli”.
– “è una bella rivoluzione di giovani, nessun pericolo, è ricca di colore e entusiasmo, ci stiamo divertendo un sacco”. Washburn Child, ambasciatore USA a Roma, 31 ottobre 1922, tre giorni dopo la Marcia su Roma.
– il re d’Italia, Vittorio Emanuele III, detto Sciaboletta, che nel 1924, venendo meno al suo giuramento sullo Statuto Albertino, su ordine di Mussolini consente ai prefetti di togliere dalla circolazione i giornali “nocivi per la nazione”.
– l’olio di ricino: “impossibile alla vittima di diventare un martire perché la vergogna scaccia il cordoglio: non si può dedicare un culto a un uomo che si caca addosso”.
– Benito Mussolini che si batte a duello contro il cardiopatico Francesco Ciccotti Scozzese (a proposito si ricordano le parole di Hemingway: “Studiate quella coalizione tra capitale e lavoro che è il fascismo e meditate sulla storia delle coalizioni passate. Studiate il genio di Mussolini nel rivestire piccole idee con paroloni. Studiate la sua predilezione per il duello. Gli uomini veramente coraggiosi non hanno nessun bisogno di battersi a duello, mentre molti vigliacchi duellano in continuazione per farsi credere coraggiosi. E guardate la sua camicia nera e le sue ghette bianche. C’è qualcosa che non va, anche sul piano istrionico, in un uomo che porta le ghette bianche con una camicia nera”
– le ghette bianche di Benito Mussolini.
Citazione finale, riassuntiva del (bellissimo) libro, e del destino dell’uomo:
“Il socialismo ha fatto l’errore di garantire un minimo di felicità agli uomini: litro, pollo, donna e cinema. Ma nella vita la felicità non esiste. Le masse già vagheggiano il dittatore”.