Il terrore che mi assale quando al bar mi accorgo di non aver bevuto il caffè in un solo sorso, ma di aver dato un piccolo sorso, e poi di aver lasciato la tazzina sul bancone, distraendomi; il terrore, cioè, di veder balenare, dall’altra parte del bancone, una mano veloce come una mangusta che fa sparire la tazzina mezza piena.
La foto di Alberto Sordi che magna i maccaroni, ma alla parete di un ristorante di Vercelli.
Quando vedi un’intervista ad Alessandro Gassman e sai che il giornalista, a un certo punto, immancabilmente comincerà a chiedere del padre, offrendo la netta impressione che, fin dall’inizio, pur nascondendosi dietro le domande su nuovo film, progetti, impegni del figlio, non aspettasse che il momento in cui chiedere del padre.
Chi continua (cioè tutti!) a chiamarlo BANSKY.
Chi dice “la società civile”; deve dunque esisterne anche una incivile, che per educazione non viene mai citata.
Chi dice “riformista” intendendo però moderato.
I componenti di una coppia che dialogano tra loro di cose personali, ma lo fanno nei commenti pubblici di Facebook.
“In Ispagna”; (o “in ispiaggia”; o “in Isvizzera”)
Chi dice “stasera suonerò al X, in via X”; ma è un dj.
L’ossessione di Fellini per le grandi tette; i sogni di Fellini dominati da donne dai seni enormi; i disegnini di Fellini che hanno come unico soggetto donne dalle spropositate ghiandole mammarie; il fatto che, siccome questa ossessione e questi sogni e questi disegnini sono di Fellini, allora abbiano valore di genio, o anche solo di interesse.
3 milioni di copie vendute! Lo so, il sottinteso è chiaro, e rappresenta la calce su cui si fonda, in Occidente, l’intera mitologia del successo.
Il sottinteso dice: “3 milioni di persone hanno scelto questo prodotto; non si discute qui se il successo sia commisurato alla qualità del prodotto; qui si suggerisce – si intima – che se quella persona ne ha convinte 3 milioni, sicuramente ha ragione; ed è bene che la seguiate”. Anzi, di più. Si suggerisce: “sicuramente vi verrà voglia di seguirla!” È la stessa logica dei sondaggi. Ricordi i sondaggi di Gianni Pilo del 1994? I suoi sondaggi dicevano che Berlusconi aveva grande successo; proprio per il fatto che, secondo quello che dicevano i sondaggi, stava avendo grande successo, molte persone si convincevano a votarlo! Fosse una patologia, si chiamerebbe carrovincitorismo.
Quando corri da solo per vicoli poco affollati e incontri una donna, anche lei sola, e vedi che prende il telefono e chiama qualcuno, e percepisci con una fitta di passeggera umiliazione che non è una semplice telefonata, è una telefonata di sicurezza: sta al telefono per mostrare che non è sola, che c’è qualcuno che all’istante, se lei fosse in pericolo, se ad esempio un podista maniaco la aggredisse, scatterebbe a difenderla e porterebbe con sé un esercito di linciatori professionisti; e la migliore idea che ti viene è che la prossima volta andrai a correre con la schiena fasciata da una bandiera della pace.
L’uso dell’aggettivo “illegale” per qualificare una particolare bravura, abilità o bellezza in senso esteso (un significato, dunque, che non ha nessun legame effettivo con il termine, ma che è stato arbitrariamente scelto come significato metaforico).
Dunque non significa, come la grammatica suggerirebbe, “formalmente contrario alla legge, dunque punibile”.
Tipo:
“cosa sai dirmi del concorso esterno in associazione mafiosa?”
“è illegale”.
Al contrario, con una capriola da corto circuito cognitivo, è diventato:
“Che ne pensi di Lionel Messi?” “Bè, un talento illegale!”
“Usain Bolt?” “Uno scatto illegale!”
“La Bellucci” “Una bellezza illegale!”
Quelli che dicono:
– Game, Set, Match.
– “Quoto” (“Quoto X” anziché “sono d’accordo con X”).
– “Come se non ci fosse un domani”, “lorsignori”, “professoroni”.
– Chi chiede scusa per i giochi di parole (l’unica cosa di cui ormai si è capaci di scusarsi).
– “Un’indecente gazzarra”: sempre e solo associato, non si sa perché, alle risse parlamentari;
– “Solo e soltanto”. Perché non è sufficiente “solo”, oppure “soltanto”? “Solo” (o “soltanto”) è uguale a zero: si può moltiplicare lo zero?
– “Severamente vietato”. Che differenza c’è tra vietare e vietare severamente? Si vuol forse suggerire che il semplice divieto si può aggirare, e che solo aggirare un divieto severo, sarebbe, questo si, sbagliato o inaccettabile?
– “Gattopardesco” (il concetto, non la parola, che è bellissima).
– “Amiciui” (pronunciato con bocchina a culo), spoilerare, settimana scorsa, mese prossimo;
– “i GGGiòvani” (usato con una affettata pronuncia meridionale che vorrebbe essere ironica: ma chi vuole imitare? Perché con tre G? Da dove mai è arrivata?).
– “E niente… Così:” (segue foto di un certo impatto).
– “Metti una sera…” (segue foto di un certo impatto).
– “Assolutamente si” invece di “si”.
– Chi commenta con “Mala tempora currunt…”, e te lo immagini, magari seduto sul cesso, mentre scuote la testa.
Quando alla fine del tg il conduttore lancia la pubblicità e dice “A fra poco per gli aggiornamenti”. Ma gli aggiornamenti non ci sono mai.
“Sicuramente fallo, ma non cattivo”. I telecronisti di calcio giudicano se un fallo di gioco è cattivo o meno. Ma non commentano mai falli cattivi. Non dicono mai, di un fallo, “è stato un fallo cattivo”. Nel loro giudizio, usano il parametro della cattiveria solo nel caso in cui la cattiveria non ci sia. Magari è perché davvero non ci sono falli “cattivi”. Magari è perché la cattiveria non esiste.
Quelli che dicono: “Sì, ti vedo”.
“Come stai?”
“Non benissimo; ho dormito poco, ho le occhiaie e mi sento stanco”
“Sì, ti vedo”
Allora che cazzo me lo hai chiesto a fare?
Dovrebbe disturbarmi chi attraversa le strisce pedonali e ringrazia con un cenno della mano l’automobilista che si è fermato; si, dovrebbe disturbarmi, poiché chi lo fa (me compreso: spesso lo faccio) considera un regalo, o addirittura una grazia, quello che sarebbe un suo semplice e pieno diritto. E invece non mi disturba. Non mi disturba (anche se non dovremmo ringraziare gli automobilisti per non averci investito; e non dovremmo ringraziarli per aver frenato – gesto che non costa alcuna fatica -; dovremmo semplicemente attraversare la strada sulle strisce pedonali ogni volta che ci va: è un nostro diritto sancito etc etc) perché questa piccola sottomissione personale e culturale porta comunque a un gesto di intesa tra sconosciuti, a una diminuzione della tensione, a un abbassamento degli indici di aggressività, ed è come se le strade della città prendessero un piccolo respiro.
Quel frastuono perenne – non di voci, o cori, o applausi, ma causato da appositi oggetti – che si sente, o si sentiva, negli stadi giapponesi, sudafricani e russi.
Negli stadi giapponesi lo producevano dei congegni che, azionati da decine di migliaia di spettatori, sortivano lo stesso effetto acustico di un miliardo di grilli giganteschi intenti a frinire (cantare?) tutti insieme.
Negli stadi sudafricani si visse nel 2010 la piaga delle vuvuzelas: sessantamila spettatori che non smettevano un momento di dar fiato a queste trombette che, per restare nel campo degli imenotteri, ricordavano uno sciame assordante di calabroni.
Negli stadi russi sembrava, almeno fino alla fine dello scorso millennio, che le decine di migliaia di spettatori presenti fischiassero ininterrottamente dall’inizio alla fine. Fischiavano qualsiasi cosa succedesse: fischiavano gli inni nazionali; fischiavano le rimesse laterali; fischiavano i falli avversari, ma anche quelli dei giocatori russi; fischiavano se segnavano gli avversari; fischiavano se segnava la Russia; fischiavano dopo la fine della partita; e tutti questi fischi, è bene non dimenticarlo mai, li producevano nella cornice dei classici 30 gradi sotto zero. Impossibile che fischiassero a mani nude, a meno che la stragrande maggioranza del pubblico fosse povera al punto da non avere guanti (poco plausibile: se ci sono tre cose che la Grande Madre Russia non ha mai fatto mancare, persino nelle fasi di ristrettezza più tremenda, queste sono appunto vodka, patate e guanti) e dunque fischiasse per scaldare le mani al contatto con la bocca (ancora meno plausibile: la lana scalda certamente più del fiato, dunque conviene senza dubbio riporre le mani nelle tasche, piuttosto che esporle all’aria gelida).
Precisamente le stesse cose che la maggior parte delle persone ama del film Amelie: il suono del cucchiaio che rompe la crosticina ecc…
Chi pronuncia la parola meticciato con disprezzo.
Chi pronuncia la parola meticciato entusiasmandosi.
Paglia, Mosca, Gallo, Piuma, Leggeri, Welter, Medi, Medio Massimi, Massimi, Supermassimi. Tutto bene. Ma perché Welter?
I cognomi dei boeri sudafricani, o in genere degli afrikaner; perché mi hanno sempre affascinato, e mi hanno affascinato tanto più per via della storia brutale e a volte ripugnante che si portano dietro, tenacia indipendentista, soprusi, violenze territoriali, congenito razzismo destinato a sfociare nell’oscena invenzione dell’Apartheid. Sono a tutti gli effetti cognomi olandesi, ma associare i cognomi olandesi ai Paesi Bassi di oggi e ai loro residenti provoca al massimo un pensiero verso l’efficienza nordica, l’apertura liberale che ha portato a certe depenalizzazioni, l’ingegno nel respingere il mare e ricavarne terra abitabile. Associare i cognomi olandesi o fiamminghi al Sudafrica è tutta un’altra storia.
Nel suono roccioso e ostico di quei cognomi (Vermeulen, Du Rand, Van der Merwe, Du Toit, Pienaar) la fonetica rispetta pienamente la storia evocata da quelle parole, e riesce, se possibile, a inasprirla.