C’era una volta l’abitudine, nella tradizione del cantautorato italiano, di raccontare storie con i versi di una canzone, storie senza tempo di personaggi fuori dal comune. Al giorno d’oggi c’è chi scrive canzoni più che altro di sensazioni, stati d’animo o sentimenti vissuti in un preciso anno. Lui no, le sue canzoni non sono un oggetto dove ritrovarsi, forse sono più delle pagine dove leggere nuovi racconti.
Lucio Corsi, classe 1993, è un freak per eccellenza, ama disobbedire agli schemi predefiniti e trova molte delle sue ispirazioni nei luoghi dove è nato: la Maremma, quella terra che ama definire “il mio Far West”. Come in Luciano Bianciardi, suo conterraneo e intellettuale di riferimento, anche in Corsi la periferia è centrale, i butteri sono i suoi cowboy e gli sterrati, gli spazi aperti, il vento in faccia, il lago dell’Accesa dove non ci sono onde ma il suo riflesso ti acceca (semi cit.), gli animali che vivono nei boschi sono un mondo fiabesco che lui canta, sognando ad occhi aperti e facendo volare l’immaginario fino a scoprire i dettagli di una terra, la Maremma per l’appunto, almeno in parte inesplorata.
Nato e cresciuto a Vetulonia, dove la famiglia possiede un podere e gestisce un ristorante nella vicina Macchiascandona, Lucio, dopo aver frequentato il liceo scientifico Marconi di Grosseto e dopo una piccola parentesi musicale con gruppi locali, decide di trasferirsi a Milano. Suona in casa, suona in qualche locale, qualcuno lo vede suonare anche in strada. È qui, nella città tentacolare dello Stivale che il giovane cantautore inizia a fare sul serio.
Il primo passo è con Picicca Dischi, l’etichetta indipendente creata nel 2011 da Dario Brunori, Matteo Zanobini, Simona Marrazzo. Il suo primo album, Altalena boy / Vetulonia Dakar esce per Picicca Dischi nel 2015. Canzoni semplici, dai testi apparentemente ingenui e surreali, ma già personalissimi e maturi per un ragazzo che ha solo vent’anni.
Nel 2017 conferma le sue doti musicali e di scrittura con il secondo album, Bestiario Musicale (sempre pubblicato da Picicca) dove, con il suo sguardo adolescenziale e una voce tenera ci ha permesso di entrare nel suo bosco fantastico abitato da volpi, lupi, lucertole, istrici, cinghiali e civette.
A gennaio 2020 esce per Sugar Music il suo terzo progetto musicale Cosa faremo da grandi?. È un disco di nove ballate, finite di scrivere tra novembre 2017 e la fine dell’estate 2018. Successivamente l’album prosegue il suo viaggio passando dalla Maremma a Milano dove, insieme a Francesco Bianconi, frontman dei Baustelle, sono stati sistemati e portati a termine gli arrangiamenti.
Anche in quest’ultimo progetto artistico al centro c’è un nuovo racconto fatto, ad esempio, di città. C’è Milano piena di angoli, muri, soffitti e spigoli, dove è facile sbattere la testa, con all’orizzonte il più grande esempio di armi bianche, le punte affilate delle Alpi. Ci sono i parchi, che il giovane cantautore definisce “prigioni di campagna” e dei quali si chiede incessantemente, perché sono circondati sempre con inferriate e cancelli.
Nove tracce, dicevamo, per nove storie che provengono da angoli nascosti della nostra penisola. Dentro Cosa faremo da grandi? vivono insieme brani con età diverse e perciò sono differenti anche i loro caratteri e gli stili di vita.
“In fin dei conti — sintetizza con una pillola delle sue l’artista — scrivere un disco è convincere nove canzoni che non si conoscono ad andare ad abitare insieme”.
C’è Onde, la canzone più anziana, che si porta sulle spalle un arrangiamento folk, di silenzio, chitarra e marimba. Con L’orologio, la più giovane, che cavalca un pianoforte a coda, con batteria dritta e chitarre distorte, si arriva addirittura ad immaginare di correre indietro nel tempo, per riprendere il fiato perduto.
C’è Cosa faremo da grandi?, il singolo che ha anticipato l’uscita dell’album, scritto di fronte a un mare d’inverno e che riflette su un nuovo possibile modo di vivere, dove ad essere festeggiati non sono i traguardi ma le linee di partenza.
In questo periodo di emergenza Covid-19 non abbiamo potuto incontrare Lucio Corsi di persona e su una linea telefonica da far west, tanto per rimanere in tema, lo abbiamo intervistato per conoscerlo meglio.
Lucio, come stai vivendo questo periodo di chiusura forzata in casa? Usi i social per comunicare con i tuoi fan?
Ho deciso di non suonare sui social, credo che anche il silenzio in questa fase sia importante. Mi trovo in Maremma, perché il primo di marzo ho avuto il mio ultimo concerto a Roma.
In questa fase così delicata riesci a trovare ispirazione per scrivere e suonare?
Io credo che questo passaggio storico sia un momento pesante, difficile per molti versi. Ho la fortuna di trovarmi in campagna, mi affaccio dalla finestra di casa e vedo la natura, ho sempre a disposizione i miei strumenti musicali. Sto scrivendo cose nuove ma non è semplice, soprattutto all’inizio, poi superata la prima fase, la musica mi abbraccia, le note mi avvolgono e mi dimentico di tutto.
Quanto la Maremma e la cultura locale hanno influenzato il tuo percorso musicale?
Per me è una grande fonte di ispirazione, è la mia terra d’origine, una parte essenziale di me. La Maremma ho avuto la fortuna di scoprirla e mi ha affascinato, la considero una sorta di far west italiano, dove i butteri sono i nostri cowboy.
Chi sono gli artisti a cui ti ispiri?
Sempre per rimanere in Maremma sono molto affezionato a Luciano Bianciardi, i suoi scritti mi incantano. Anche l’arte, nella mia creatività, gioca un ruolo importante: Ligabue e de Chirico soprattutto. Poi ci sono i cantautori Paolo Conte, Ivan Graziani, Lucio Dalla. Oppure i testi di Randy Newman sono fichi, alta letteratura. Dava voce ai personaggi delle sue canzoni. I fumetti di Pazienza mi sono d’ispirazione.
Come è nata la canzone Cosa faremo da grandi? Che poi è anche il titolo dell’ultimo album.
È una canzone nata d’inverno sulla spiaggia di Castiglione della Pescaia. Parla di grandi imprese mandate in fumo con l’animo in pace, come quella di chi passò una vita a costruire conchiglie per poi gettarle in mare e ripartire da capo. Cosa faremo da grandi? riflette su un possibile modo di vivere, dove ad essere festeggiati non sono i traguardi ma le linee di partenza. Il videoclip di questa canzone e anche di Freccia bianca anticipano l’uscita di un cortometraggio del regista Tommaso Ottomano che includerà scene surreali e oniriche tra cui le canzoni dell’album e pezzi musicali più tradizionali, come ad esempio Maremma Amara.
Spesso si dice che “ci vorrebbe una macchina del tempo”, magari per andare a recuperare ciò che abbiamo perso. Mi viene in mente questo cliché perché mi ha colpito la canzone L’orologio.
È vero: spesso si dice “avrei bisogno di una macchina del tempo”. Ma cos’è una macchina del tempo se non un metronomo, o ancora meglio un orologio? In questa storia il protagonista inizia la sua giornata scegliendo di mettersi un orologio al polso per tornare a tempi migliori, perché correndo all’incontrario ci si riprende il fiato perso.